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Ang Lee e il suo "taking Woodstock"

di Carlo Bizio

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13 maggio 2009
Ang Lee (Afp)

"Per me Woodstock rappresenta l'ultimo momento d'innocenza in America," dice Ang Lee, il cui nuovo film, "Taking Woodstock", partecipa in concorso al festival di Cannes. Il regista taiwanese, due volte premio Oscar per "Brokeback Mountain" (2006) e "La tigre e il dragone" (2001), torna a esaminare la societa' americana narrando i retroscena dell'organizzazione di un concerto che a sorpresa divenne quell'immenso "happening" (mezzo milione gli astanti, tra fricchettoni e hippie), il cui impatto soci-culturale ebbe epocale importanza. Ang Lee dirige il film con tocco leggero, tra toni picar e da commedia slapstick: e' la sua prima commedia dai tempi di "The Wedding Banquet" (1993). Scritto da Lee insieme al suo socio produttore James Schamus, il copione del film e' stato tratto dal libro di memorie di Elliot Tiber "Taking Woodstock" (2007). Prodotto dalla Focus Features, e' stato girato nello stato di New York ed uscira' cinema il 29 agosto, celebrando cosi' il 40^ anniversario del glorioso week-end di Woodstock.
Elliot Tiber (Demetri Martin nel film – un comico televisivo debuttante al cinema) e' un interior designer di New York con tendenze gay, che quando viene a sapere che un festival di arte e musica ha perso il permesso a Walkill (nella campagna a nord di New York), chiama i promotori dell'evento (quelli della Woodstock Ventures) e offre loro l'utilizzo del motel di Catskills El Monaco, di proprieta' dei suoi genitori, per aiutarli a perseguire il progetto. Non solo: Tiber presenta i produttori a un suo conoscente, Max Yasgur (Eugene Levy), che possiede un vasto terreno nelle vicinanze. Ed e' proprio qui che dal 15 al 18 agosto del 1969 avverra' la tre giorni di musica (e sesso e droga) che sconvolsero il mondo, oltre che la vita di alcune persone, come Elliot Tiber, direttamente coinvolte nella sua creazione. Del folto cast fanno parte anche Liv Schreiber (nel ruolo di Vilma, ex Marine travestito), Emile Hirsch (un soldato appena tornato dal Vietnam) e Imelda Staunton (la madre di Elliot). Nel film non manca la musica, con brani simbolo degli anni '60 di gruppi come i Grateful Dead, The Doors, Jefferson Airplane e cantautori come Janis Joplin e Richie Evans, la cui "Freedom" e' stata ri-registrata da lui stesso ad hoc per "Taking Woodstock".
Ma attenzione, dice Ang Lee, mentre sta dando gli ultimi ritocchi al film prima di partire per Cannes (vive a Los Angeles): "Chi va a vedere ‘Taking Woodstock' desideroso di scoprire chi e' che recita Janis Joplin, potrebbe rimanere deluso. Il festival fa da sfondo, com'e' ovvio, ma il film e' imperniato sulla storia di Elliot, la sua famiglia, i suoi amici, e le straordinarie epifanie da loro vissute in quel periodo."

Signor Lee, come e' nato questo film?
Per puro caso. Nell'ottobre del 2007 mi invitarono a partecipare a uno show televisivo a San Francisco per parlare del mio film "Lust, Caution", che stava uscendo allora. C'era anche Elliot Tiber col suo libro. Alla fine Elliot mi diede una copia del libro, accennando al desiderio di farci un film. In genere questi libri li butto... ma dopo aver diretto drammi o tragedie come ‘Brokeback Mountain' e ‘Lust, Caution', morivo dalla voglia di fare una commedia.

Il libro dunque le piacque?
Moltissimo. Raccontava la rocambolesca genesi di Woodstock, evento che mi ha sempre affascinato, ma era anche un brillante ritratto umano, di un periodo, di un rito di passaggio. Un libro inoltre molto ose' – l'io narrante trova in quei giorni il coraggio di dichiararsi sessualmente - ma pieno di gioia e allegria.

Si dice che nel suo film la tematica gay sia stata attenuata rispetto al libro, e' cosi'?
Non esattamente. Come "Brokeback Mountain" e' una tragedia su due uomini gay in una societa' repressiva e "Milk" e' il trionfo dell'"uscire allo scoperto" in quanto omosessuali, "Taking Woodstock" si chiede: "Perche' complicartela tanto? Vieni con noi a far festa!". Il risveglio sessuale di Tiber e' trattato con discreta nonchalance.

Considera questo film un cambio di marcia e direzione nella sua carriera registica?
Per niente. E' anzi un proseguimento naturale di altri miei film americani: "The Ice Storm", ambientato nel 1973, parlava degli effetti della sbornia del 1969, e "Taking Woodstock" e' quella bellissima notte prima, l'ultimo istante di vera innocenza.

Che ricerche ha svolto per la messa in scena del film, oltre al libro di Tiber?
Enciclopediche! Ho rivisto mille volte il documentario "Woodstock" di Michael Wadleigh (1970), mi sono cnsultato con David Silver, autore del "Hippie Hanbook" e del glossario "Hippie Lingo", e ho parlato con Michael Lang, figura numero uno nell'organizzazione di Woodstock, che mi ha ricordato la virtu' magica di quell'evento ma anche i grattacapi del mettere su tutta quella baracca. Il mio film parla anche della voglia di liberazione, onesta' e tolleranza – e' una lettera d'amore a quello spirito naif che non possiamo e non dobbiamo perdere.

Dopo Cannes lei andra' a un altro festival, quello di Venezia, come presidente della giuria stavolta. Cosa prova?
Venezia mi ha sempre portato fortuna. Ho partecipato spesso come regista e vinto due volte il Leone d'Oro, con "Brokeback" e "Lust". E' una citta' che amo moltissimo, che suscita sempre grandi emozioni in me. Un giorno girero' un film tra i suoi ammalianti e misteriosi canali.

13 maggio 2009
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